Monte Mattone

Tra Foreste Autunnali e Panorami Scolpiti dal Tempo

il sentiero ci ha condotti attraverso un mondo carsico, sospesi tra storia, silenzio e immensità

Dall’abbraccio dei pini neri, endemici e relitti glaciali, passando per il bosco di faggio e fin su alla vetta solitaria

Partimmo con un gruppo di stranieri direttamente dall’hotel, con la promessa di un’avventura racchiusa tra gli alberi e le cime silenziose. Il sentiero si snodava con un lungo zigzag attraverso la foresta di Pino Nero, alberi antichi e maestosi che si ergevano come sentinelle del tempo. Era come attraversare una soglia temporale, dove l’aria era intrisa del profumo resinoso e il suolo morbido si piegava al passo sicuro.

Attraversare la foresta di Pino Nero, un relitto glaciale, è come percorrere il confine tra presente e passato, dove ogni albero custodisce la memoria della terra

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La foresta ci abbracciava, il silenzio profondo rotto solo dal suono dei nostri passi. Ci sentivamo piccoli, immersi in quella cattedrale naturale, mentre l’ombra fresca della faggeta ci guidava sempre più in alto, un rifugio avvolgente in cui i raggi di sole filtravano attraverso le foglie dorate e rosse, creando un gioco di luci e ombre che danzava al nostro passare. L’aria, fresca e umida, portava con sé l’odore di terra bagnata e foglie cadute, un profumo che sapeva di autunno e di vita che si ritira.

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Uscimmo infine dal bosco, trovandoci di fronte all’ascesa finale verso la cima. I pianori sommitali si aprirono davanti a noi in tutta la loro vasta bellezza. Era un paesaggio scolpito dal tempo e dall’acqua, un mondo carsico che pareva estraneo alla Terra. Le doline si alternavano in un saliscendi che ci costringeva a rallentare, quasi come se il suolo ci stesse insegnando a rispettare il suo ritmo antico. Camminare lì era come muoversi su un altro pianeta, con le colline che ondeggiavano sotto i nostri piedi e l’orizzonte che si apriva lentamente, rivelando ogni volta nuove meraviglie.

Quando giungemmo alla vetta del Monte Mattone, a 1866 mt, il respiro si fermò, ma non per la fatica. Era la vista. Il panorama si spalancava su un vasto abbraccio di montagne: la dorsale dei Monti Marsicani si ergeva imponente, svelando la Camosciara, il versante est del Monte Marsicano e la maestosa Serra di Rocca Chiarano. In lontananza, come in un sogno, si stagliavano i profili del Gran Sasso, del Sirente e della Majella, come antichi giganti a guardia dell’orizzonte.

Il silenzio qui era ancora più profondo, quasi tangibile. Era un luogo in cui il tempo sembrava sospeso, e l’unica realtà era il vento che ci accarezzava il volto, come a ricordarci la nostra transitorietà di fronte all’eternità della montagna. Le valli e le foreste, abbellite dalle sfumature autunnali, creavano un’atmosfera di magia, come se la natura stesse celebrando la sua bellezza effimera.

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Riprendemmo la discesa, lasciandoci alle spalle la vetta ma non l’emozione. Il sentiero ci riportò verso la faggeta, attraversando nuovamente quel mare verde punteggiato da macchie dorate, che sembrava avvolgerci come un manto protettivo. Giungemmo infine all’antico tratturello, la via secondaria che un tempo collegava i pascoli. Camminare su quella strada calcata da secoli di transumanza era come percepire l’eco di un passato lontano, dove uomini e animali condividevano la fatica e la libertà di questi luoghi selvaggi. Raggiungemmo l’hotel con il cuore colmo, sapendo di aver vissuto un’avventura che ci avrebbe accompagnato per sempre, arricchita dalla bellezza della natura autunnale che ci aveva circondato.

 

Testo e Foto © Marco Buonocore

Dalla cima del Monte Mattone, il Parco Nazionale si apre come un antico libro, ogni valle e cresta racconta una storia scolpita nel tempo.

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